mercoledì 7 marzo 2012

Una festa tinta di sangue» E San Polo spacca la Loggia


LA POLITICA TRASVERSALE. In aula comportamenti diversi da parte delle consigliere e dei consiglieri. La richiesta avanzata dalla rappresentante di Sel Donatella Albini di un minuto di silenzio per commemorare le quattro vittime ha visto la reazione immediata di tutte le donne in Consiglio. Non degli uomini
06/03/2012


Il minuto di silenzio osservato (FOTOLIVE)

Bisogna parlarne. Tornare a interrogarsi. Trovare il coraggio di non mettere la polvere sotto il tappeto. Perché la violenza sulle donne è un veleno che stilla goccia a goccia, giorno dopo giorno, e ammala tutta la società. Lo esigono compatte e con grazia le donne dei partiti di centrosinistra, nel nome di Francesca, Chiara, Vito e Domenico, le quattro vittime della strage consumata la notte di sabato a San Polo, scatenata dalla gelosia insana di un uomo che ha anteposto la pistola al dialogo. Sotto la volta della Loggia si sono ritrovate: Donatella Albini, capogruppo di Sinistra Ecologia e Libertà; Maria Cipriano, segretario del Psi; Rosangela Comini del Pd; Fulvia Soppa di Rifondazione Comunista; Gabriella Liberini e le donne di «Se non ora quando?» con i loro striscioni.
Dentro, nel Consiglio comunale, la stessa Albini aveva chiesto in apertura un minuto di silenzio per commemorare l'eccidio. «Non un crimine solo inquietante, ma che necessita di un giudizio di valore, che deve farci riflettere», aveva detto Albini, ricordando che i delitti nella cerchia familiare sono il 31,7 per cento e le vittime per il 70 per cento sono donne. «Va ritrovato il seme della convivenza e del rispetto, ma va anche rotta l'antica complicità maschile, che col silenzio e l'indifferenza legittima la cultura del non rispetto e della violenza sulle donne». Un discorso che ha raccolto il riscontro trasversale di tutte le consigliere, scattate in piedi in segno di rispetto. Più lenta la reazione degli uomini in Consiglio, una manciata di secondi di troppo prima di alzarsi, figlia del retropensiero di alcuni, perché in fondo «si è trattato di un atto di delinquenza normale», «lui era un drogato», «non è questa la sede», «non tutti gli uomini fanno così», e via giustificando.
MA È PROPRIO questo il punto: fino a dove le violenze sulle donne possono mascherarsi dietro concause esterne? «Eventi come quello di San Polo non sono liquidabili solo come un raptus, ma chiamano in causa il convincimento di un uomo che si ritiene possessore della vita di una donna, che non può rifiutarlo o scegliere altrimenti», argomenta Cipriano. Se questo è un delitto che nega la libertà delle donne, la loro autodeterminazione, la capacità di non dipendere, anche Brescia - ingannevole isola felice che non ha saputo intercettare queste dinamiche silenziose - non può chiamarsi fuori. «Non possiamo ridurre il discorso della sicurezza ai fattacci dei vicoli che accadono nottetempo - avverte il segretario Psi -, bisogna agire sull'educazione e la prevenzione, aiutare le donne a denunciare, coltivare rispetto e parità, giorno dopo giorno». «Si parla tanto di sicurezza, ma la sicurezza incomincia dalle persone, a partire dalla casa - rincara Albini -. Un tema sollevato più volte in Consiglio, ma l'unica risposta che ci è stata data sono le retate delle prostitute». Anche le donne di Rifondazione Comunista proclamano di non voler più «sentir parlare di “delitti passionali” o “raptus di follia”», chiedono che la politica risponda, «e lo faccia in modo diverso da quanto fatto finora a Brescia, dove la giunta comunale ha tagliato i fondi al centro antiviolenza Casa delle donne o si accanisce contro le prostitute».
Da tutto ciò si esce solo «con una nuova educazione ai maschi», dice Comini, e con un appello alle giovani donne perché escano dalle case, si avvicinino all'impegno sociale e politico, loro che pensano «che le conquiste fatte - il rispetto, la parità, la condivisione dei diritti e dei doveri - possano essere lasciate scritte, e invece vanno praticate giorno per giorno».
SONO PRINCÌPI ancora giovani e come tali vanno difesi, perché nel Paese in ritardo, dove ogni tre giorni una donna muore per mano di un uomo, solo nel 1981 sono state abrogate le disposizioni sul delitto d'onore, e solo nel 1996 il reato di violenza sessuale è stato riconosciuto come un crimine contro la persona e non contro la morale.
Anche le donne di «Se non ora quando?» hanno voluto essere presenti sotto la Loggia «perché ci sentiamo chiamate ed esprimiamo la nostra rabbia e il dolore per le ennesime vittime della possessività maschile - spiega Liberini -. Non è un caso che la causa maggiore di morte nelle donne dai 25 ai 45 anni sia proprio la violenza del partner». Se ne parlerà ancora, perché sono le donne a volerlo. A partire da una ricorrenza importante, quella dell'8 marzo. «Se non ora quando?» ha invitato a Brescia la scrittrice Iaia Caputo, che il 9 marzo nella sala Piamarta di San Faustino (ore 18) presenterà il suo nuovo libro dal titolo sinistramente profetico: «Il silenzio degli uomini».

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